Carmelo Bene e Shakespeare
Collana: Piccola Biblioteca Shakespeariana/21
ISBN: 978-88-8319-511-2
“in Inghilterra gli esperimenti che Carmelo Bene fa su Marlowe vengono eseguiti su Shakespeare dalla Compagnia reale scespiriana, e nessuno si offende, anzi i critici trovano che è un modo di spiegarsi e approfondire Shakespeare, tornando alle fonti della teatralità elisabettiana”
Ennio Flaiano
(19 aprile ‘64)
“... sono convinto”, sostiene Carmelo Bene in un’intervista, “che non sia possibile, che non sia legittimo mettere in scena i classici: Shakespeare, Marlowe ( che non a caso non viene mai rappresentato) erano grandissimi poeti, e rimangono in quanto tali i massimi esponenti della letteratura inglese. Ma mettere in scena oggi il loro teatro, comunque lo si ‘rivisiti’ o lo si ‘riscriva’, significa cadere nell’equivoco [ ... ]. Il Sogno di una notte di mezza estate, lo stesso Romeo e Giulietta, sono stati teatro, e proprio per questo non lo sono più, non possono più esserlo. Io non metto in scena Shakespeare l’ho detto tante volte nè una mia interpretazione o lettura di Shakespeare, ma un saggio critico su Shakespeare”. Un’operazione critica che parte dall’Amleto (con cinque edizioni diverse hel corso di un trentennio) per continuare con Romeo e Giulietta spiata tra i versi dei Sonetti shakespeariani, tra il profumo di giganteschi fiori e l’ebbrezza di un assonnato Shakespeare nella delusione, forse, di un incontro mancato. E ancora con Riccardo III dove le deformità ed escrescenze in variazione di un raccapricciante Gloucester che si aggira in una scena in demolizione e si costruisce come macchina da guerra ed erotica, in una serie di interminabili impedimenti, profilano il tramonto assoluto del gesto, la sospensione del tragico e l’attuazione del “nulla contro un mondo”. Un nulla che, nel totale immobilismo di un Otello sontuosamente chiuso in una cornice in bianco e nero in continua dissolvenza, celebra il suo trionfo e il suo ineluttabile declino. Otello, immemore persino del gesto, si addormenta: “L’immagine è ferma [ ... ]. È sospeso illusoriamente il divenire; tutto è accecato e accecante, tutto è buio, silenzio e voce”. E proprio nella musicalità di questa voce, nell’uso sempre più sottile della strumentazione fonica, sta il superamento del nulla, l’affermazione di uno stile (Otello, appunto) e il recupero della phoné dell’attore e del teatro dell’antica Grecia. “C’è una mestizia morente”, si legge nel saggio La voce di Narciso, “delle cose che non ebbero mai un cominciamento, e una nostalgia di ciò che non fu mai. Nel tramonto del gesto senza gli occhi, non v’è altro amore del dire”. Un dire che diviene disarticolata e faticosa emissione di rumori e di suoni in Macbeth dove il corpo dell’attore, ridotto a mera cassa di risonanza, riesce in extremis a svellere le tavole del palcoscenico e scaraventarle nel vuoto prima del silenzio.
Eventi
FONDAZIONE MUSEO ALBERTO SORDI
Viale Claudio Marcello snc, Roma - 20 APRILE 2023 ORE 17.00
Con l'autore interverranno
GIAMBATTISTA FARALLI (Vice Presidente Fondazione Museo Alberto Sordi)
LUCA VERDONE (regista)
GIOVANNI ANTONUCCI (storico e critico teatrale)
TOMMASO LE PERA (fotografo di scena)
Letture di VITTORIA ROSSI (attrice)
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