I leoni di Schneider

Chi era Schneider e cosa facevano i suoi leoni negli studios dell’Ambrosio di Torino? I leoni di Schneider, che stanno ai leopardi di Omegna come Méliès sta ai fratelli Lumière, sono i numi tutelari della prima parte del libro nella quale si parla di film italiani fantastico-avventurosi, gotici e grotteschi: da Saturnino Farandola di Marcel Fabre a Maciste all’inferno di Guido Brignone, da Malombra di Carmine Gallone a La maschera e il volto di Augusto Genina. Grazie ai ritrovamenti e ai restauri realizzati negli ultimi anni, soprattutto dalla Cineteca di Bologna, può essere oggi ridefinita con maggior precisione la mappa dei generi del muto italiano, riportando alla luce il rimosso delle sistemazioni storiografiche correnti. Il metodo è quello del percorso intertestuale, interessato a indagare le fonti letterarie, ma anche i fenomeni di migrazione di temi iconografici tra testi e media diversi. Analoga impostazione hanno i due studi che compongono la seconda parte, intitolata “La diva e il colonnello” e dedicata a due film esemplari del cinema italiano durante il fascismo: La Signora di tutti di Max Ophuls e L’assedio dell’Alcazar di Genina.
Antonio Costa ha insegnato discipline cinematografiche all’Università di Bologna, dove ha diretto il Dipartimento di Musica e Spettacolo dal 1995 al 1998. Attualmente è docente di storia del cinema alla facoltà di design e arti dell’Università di Venezia (Iuav) e condirettore del Bellaria Film Festival. Ha pubblicato saggi su Pudovkin, Méliès, Ragghianti, il cinema delle origini in Europa, i rapporti tra cinema e letteratura, ed è autore del fortunato manuale Saper vedere il cinema (1985). I suoi lavori più recenti sono Cinéma et paysage (2001) e Cinema e arti visive (2002).