Mario Vitti

Istanbul nella memoria (1920-1946)

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Collana: Saggi di greco moderno/1
Argomento: Letteratura
anno: 2010
, pagine: 112

ISBN: 978-88-7870-504-3
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Via Tomtom a Istanbul, nel quartiere di Pera, è una strada in forte pendenza, lunga non più di duecento metri.
Su questa salita, cominciando dal basso, si affacciano da un lato il liceo statale italiano, il consolato italiano, e, su uno spiazzo pianeggiante, prima di alcuni gradini, il Palazzo Venezia; mentre a destra, dopo qualche casa modesta, una è di legno, sta un albergo che prima non c’era, dal nome ‘Italia’, e poi viene l’edificio massiccio con appartamenti in affitto che apparteneva a certe suore francesi.
È là che ho abitato in famiglia per tutti i miei anni prima di venire in Italia. Quando finisce questo palazzone c’è il cancello dell’Ambasciata di Francia. Sullo spiazzo pianeggiante con le due ambasciate, proprio di fronte a chi ha affrontato la salita, fa bella mostra di sé la facciata di un edificio stile impero con le scritte ‘Loi’, ‘Justice’, ‘Force’: questa era la sede del tribunale francese durante le ‘capitolazioni’. Proseguendo sulla salita, superati pochi gradini, a sinistra vedi il muro di cinta dell’ambasciata di Russia; poi scorgi il portoncino sempre chiuso della cappella spagnola del Santo Sepolcro; poi ti trovi di fronte il cancello inferiore di Santa Maria in Draperis. A destra, su questo tratto della salita, intravvedi il cancelletto del tempio protestante dell’ambasciata dei Paesi Bassi, quello dove si infilò il patriarca Cirillo Lucari mettendosi in salvo quando i gesuiti gli tesero l’agguato per rapirlo e assicurarlo alla giustizia divina.
La strada Tomtom oggi è molto ben tenuta, tutti i palazzi sono restaurati, anche quello dove abbiamo abitato noi, che oggi è un ‘residence’ di lusso; tanto che non ci sta scritto nulla di fuori. Ma appena, incuriosito, ti affacci al portone, un inserviente gallonato ti apre la porta di cristallo e una sorridente ‘receptioniste’ in tailleur blu ti accoglie offrendoti il caffè nel salone, se le dici che in quel palazzo ci hai abitato da ragazzo.
Benedico il destino che ha voluto preservare così bene la strada dei miei primi vent’anni e mi ha risparmiato l’avvilimento del degrado.

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