Un uomo solo

In questo studio critico complessivo, la produzione letteraria del romanziere inglese Christopher Isherwood (1904-86) viene per la prima volta studiata come un unicum, superando la distinzione tradizionalmente operata dalla critica tra la fase 'inglese' e la fase 'americana'. Elementi unificanti sono il trattamento riservato da Isherwood a materiali e spunti autobiografici e lo sperimentalismo narrativo affinato alla luce della conversione al Vedanta.
Questo saggio identifica nell'opera di Christopher Isherwood una linea di sviluppo [uno sviluppo lineare] che smentisce l'accreditata visione di un percorso bruscamente interrotto a metà dalla conversione alla religione Vedanta. Faraone intende ricomporre la diffusa immagine dei 'due Isherwood': da una lato l' 'impegnato' cantore della Berlino sull'orlo del baratro nazista, dall'altro il capriccioso, americanizzato adepto di bizzarre dottrine orientali. Viene qui proposta l'esistenza, tra le supposte due fasi di Isherwood, di una continuità che trova il suo centro nodale in un intreccio fra vita e disegno narrativo da cui nascono personaggi in bilico fra proiezione autobiografica e oggettività rappresentativa. Nell'assumere una coloritura apparentemente più intima, gli ultimi romanzi di Isherwood consentono di gettare uno sguardo retrospettivo sulla sua carriera, rivelando come la vera vocazione di questo autore, che è fra i massimi prosatori del nostro secolo, sia stata fin dal principio un'arte che guarda al mondo a partire da un'autoanalisi onesta e a volte spietata. Lungi dall'essere quel 'camera-eye', quell'obiettivo fotografico di una sua metafora fin troppo reiterata dalle cronache letterarie, Isherwood, 'uomo solo', fonda ogni singolo momento della propria esplorazione artistica sulla ricerca di un rapporto fecondo col resto dell'umanità.