a cura di: Attisani Antonio , Biagini Mario

Opere e sentieri Volume III

Testimonianze e riflessioni sull'arte come veicolo
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stato: Disponibile
Collana: Biblioteca teatrale/155
Argomento: Teatro e critica teatrale
anno: 2008
, pagine: 214

ISBN: 978-88-7870-296-7
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Questo terzo volume consiste in una raccolta di interventi che sono per lo più espressione di una vicinanza, ma si distinguono dai precedenti in quanto mettono a fuoco alcuni temi trasversali di grande importanza, come la questione della studiabilità, dell’attualità e del rapporto con le altre discipline di ciò che è espresso dal Workcenter (Marco De Marinis), il senso del tornare a creare spettacoli (Paul Allain), la tensione ascensionale e il bisogno di una «alterità verticale» (Piergiorgio Giacchè), i molteplici significati e riferimenti di un testo capitale come Performer (Ferdinando Taviani), oppure la personale visione di un uomo di fede (Roger Repohl) che ritrova nel Workcenter la vitalità di una istanza rituale secondo lui sempre più assente nell’ambito della comunità ecclesiale, o ancora la testimonianza di una studentessa di teatro (Marcella Scopelliti) che ha “scoperto” il Workcenter e Grotowski nello stesso tempo. Era importante altresì non trascurare le testimonianze di artisti come Peter Brook, Federico Tiezzi, Sandro Lombardi e Anatolij Vasil’ev. La forza evocativa dei loro ragionamenti getta una luce su alcuni aspetti che nessun altro poteva rilevare e dimostra – se ancora ce ne fosse bisogno – che anche andando oltre il teatro Grotowski ha sviluppato un sapere che ancora riguarda l’arte scenica, e al tempo stesso che ogni vero artista considera il rigore e l’eccellenza non come il punto d’arrivo bensì come la soglia di un sapere più essenziale.
All’inizio e alla fine del volume, in una sorta di cornice, sono accolti tre interventi, di Albert Dichy, direttore letterario dell’IMEC, di Antonio Attisani e di Florinda Cambria, ricercatrice che si occupa, tra l’altro, di teatro in una prospettiva filosofica, nonché una nota conclusiva di Carlo Sini, che lega, anch’essa in una dimensione filosofica, la pratica artistica alle radici del fare. Tali riflessioni dimostrano come l’opera di Grotowski e del Workcenter non esaurisca la propria vitalità in un passato più o meno recente, e non nel solo ambito teatrale, per riguardare invece alcuni temi fondamentali del nostro divenire.

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