Commendone Giovanni Francesco

Discorso sopra la Corte di Roma

0 Valutazione
stato: Disponibile
Argomento: Storia
Collana: Europa delle Corti/68
anno: 1996
, pagine: 118

ISBN: 978-88-7119-902-3
15,00 €
14,25 €
Risparmi:
0,75 €
 Torna a: Storia

Considerata modello di ogni altra, grande teatro del mondo ove si annodano gli interessi politici europei, cuore della Controriforma, la corte romana tra Cinque e Seicento ha costituito oggetto di passione, per un verso o per l’altro, per gli uomini dell’antico regime; e ciò fino a quando non è stata travolta con tutte le altre dal giudizio sommario di generale condanna per quell’età e forma del vivere seguita alla affermazione dell’antitetico progetto della modernità come l’ha conosciuto l’Otto-Novecento.
È proprio la grandezza, splendore e importanza della corte romana divennero da quel momento inconfutabili prove a carico anche della arretratezza dello Stato pontificio e della capacità manipolatrice della curia romana, sintomo e simbolo per eccellenza d’una esperienza storica – quella della Chiesa postridentina e dell’antico regime europeo – da rifiutare programmaticamente o da difendere negandone però le caratteristiche peculiari ed effettive.
Il Discorso sulla corte di Roma di Giovan Francesco Commendone (1524-1584), trentenne prelato al momento della composizione, poi vescovo, nunzio e cardinale, rimasto inedito fino a questi ultimi anni e sostanzialmente inascoltato dalla storiografia malgrado la grandissima fortuna europea di cui godette in manoscritto per quasi due secoli, ci offre la possibilità di rileggere quella esperienza in una prospettiva diversa, e tendenzialmente oltre l’impasse culturale prodotta ormai dalla esclusiva ricerca di univoche origini e ragioni della modernità.
In una frase memorabilmente icastica Commendone scrive «Corte adunque è una compagnia d’uomini che servano ad uno o più padroni con intenzione d’accrescere»; tale la corte di Roma, tali tutte le altre. Onore e utile, grazia e convenienza, costruzione normativamente sociale dell’identità personale e accrescimento proprio, della famiglia e degli amici, tutte le regole della società europea delle corti valgono a Roma come altrove. Questa è la lingua con cui ci si parla, questa la repubblica entro cui dappertutto si vive.
Proprio per ciò religione e politica non sono separabili, né da una parte ne dall’altra. Il problema del Commendone diventa allora non solo quello di conoscere e spiegare le vie specifiche – e per ciò stesso là necessarie e virtuose, prudenti – all’accrescimento nella corte di Roma, ma di combinare tale forma del vivere, tale ordinamento corigiano storicamente sempre più ampiamente condiviso nell’ordine sociale e politico europeo tra Cinque e Seicento, con la specificità dei fini e delle ragioni della potestà papale ed ecclesiastica, che di quell’ordinamento si serve. Ragioni e fini i quali sono, per il prelato Commendone, irriducibili alle strategie di potenza degli altri Stati. Critica ai mali della Chiesa e perseguimento delle regole di corte cessano di essere contraddittorie, in questa prospettiva. Seguendo la quale attraverso il Discorso emergono i modi e le forme d’una società europea e di una Chiesa romana in antico regime sui quali ancora molto vi è, e di nuovo, da riflettere.

Lascia una tua recensione

Lascia una tua recensione
Hai letto questo libro? vuoi lasciare una tua recensione? iscriviti al sito e accedi con il tuo utente e la tua password per scrivere un tuo commento.
Grazie

Autenticati per poter scrivere una recensione. Accedi