Guazzo Stefano

La civil conversazione

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stato: Disponibile
Collana: Europa delle Corti/150
L'opera non è divisibile
anno: 2010
, pagine: 1146

ISBN: 978-88-7870-450-3
90,00 €
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TOMO 1
Uomo, ma giovane, allegro e ridente, vestito di pomposa apparenza, il cui vestimento sarà di color verde; avrà cinto il capo d’una ghirlanda d’alloro, terrà con la sinistra mano un caduceo, ma in cambio della serpe vi saranno con bellissimi rivolgimenti un ramo di mirto e un di pomo granato, ambidue fioriti, e per l’alette in cima vi sarà una lingua umana; terrà la persona alquanto china e una gamba tirata indietro, in dimostrazione di voler far riverenza, e il braccio destro steso, aperto in atto di voler abbracciare e ricevere altrui; con la mano terrà una cartella, nella quale ve sia un motto che dichi:
«Veh soli».
Conversazione è uso domestico tra gli amici e persone che si conoscono e amano, per cagioni oneste. Si dipinge in persona d’uomo e non di donna, percioché non solo conviensi più all’uomo che alla donna, ma anco perché particularmente all’etimologia della voce «uomo» nella lingua greca, che dice «omù», secondo il parere di alcuni dotti scrittori significa «insieme», e però non vi può essere vero uomo senza conversazione, essendo che chi non conversa non ha esperienza né giudizio, e quasi si può dire senza intelletto, e però dice Aristotele nel I° Politica: «l’uomo che vive solo o gli è più d’uomo o gli è bestia».
Se dimostra allegro, ridente e vestito di color verde, percioché sì come nell’erbe, negli arbori, ne’ prati, nelle montagne, non si può vedere cosa più lieta né più grata alla vista di questo colore, il quale per la vaghezza e giocondità sua muove fino gli uccelletti per allegrezza a cantare più soavemente, così la conversazione con ogni effetto maggiore muove gli animi altrui all’allegrezza, e convengono all’uso onesto e virtuoso, che per tal significato abbiamo data la ghirlanda d’alloro a questa figura. Il ramo della monella e del pomo granato significano che nella conversazione conviene che ve sia unione e vera amicizia, e che ambi le parti rendano di sé scambievolmente bonissimo odore, e pigliare insieme dalle dette piante, essendo che (come racconta Piero Valeriano nel libro cinquantacinquesimo) tra di loro si amano tanto che quantunque posti lontanetti l’una dall’altra radice, si vanno a trovare e si avviticciano assieme.
La lingua posta sopra alle dette piante significa che la natura ha dato la favella all’uomo non già perché seco medesimo parli, ma perché se ne servi con altri in esprimere l’affetto dell’animo nostro; il tenere la persona alquanto china e una delle gambe in guisa di far riverenza, è per dimostrare ch’alla conversazione conviene qualità di creanza e buoni costumi; il motto che tiene con la mano destra, che dice: «Veh soli», è detto di Salomone nei Proverbi: «Guai a quello che è solo».
Cesare Ripa, Iconologia: Conversazione.


TOMO 2
Ora fu appunto questa lingua tanto pregiata, curata e portata in tutti i modi a pieghevolezza e duttilità, che divenne nella conversazione la base di ogni sociale convivenza.
Mentre nei paesi settentrionali i principi e i nobili passavano i loro ozi o chiusi nella solitudine o in combattimenti, cacce, banchetti o cerimonie, e la borghesia era tutta dedita al giuoco e agli esercizi corporali o, se pur si voglia, s’esercitava a scrivere versi e celebrava feste, in Italia, dove pure tali cose esistevano, erasi formato altresìun ambiente più sereno, dove uomini di qualsiasi condizione e nascita, purché non privi di talento e di cultura, si raccoglievano in convegni a discorrere elegantemente di cose serie e facete.
Se ci è permesso di credere a quanto ne scrissero gli autori di dialoghi, anche i più elevati problemi della vita avrebbero formato l’oggetto di discussioni fra gli uomini più distinti: né la manifestazione di sublimi pensieri vi sarebbe stata, come di regola presso i settentrionali, una consuetudine individuale, bensì comune a parecchi. Qui però ci restringeremo a quella gaia socievolezza che mostra altro scopo che sé medesima.
Il bisogno di una forma elevata di convegno si faceva sentire sopra ogni cosa. Per convincersene non occorre prendere a norma la società molto idealizzata che il Castiglione introduce a parlare sui più elevati sentimenti e scopi della vita alla corte di Guidobaldo da Urbino, e Pietro Bembo nel castello di Asolo. Appunto la società del Bandello, ad onta di tutte le frivolezze alle quali si abbandona, può riguardarsi come il tipo più veritiero di quell’agile decoro, di quella mondana amabilità, di quella schietta franchezza, di quello spirito insomma e di quel grazioso poetico e vario dilettantismo che animava tali circoli.
Ora, le particolarità che ci vengono date intorno al vivere sciolto, che si conduceva nelle città, nelle ville e nei bagni più celebrati, non sono di tal natura da farne chiaramente, letteralmente emergere una superiorità della vita sociale d’Italia su quella del resto d’Europa.
Ma si legga il Bandello, e si vegga poscia se un genere simile di società sarebbe, ad esempio, stato possibile in Francia, prima che vi fosse stato trasportato d’Italia da altri simili a lui.
Certamente anche a quel tempo le più alte creazioni dell’ingegno umano non ebbero bisogno, per nascere, dell’aiuto o del favore di quelle riunioni; ma si avrebbe torto se si riguardassero come di poco momento nella vita dell’arte e della poesia, non fosse per altro che aiutarono potentemente a creare in Italia ciò che allora non esisteva in verun altro paese: un interesse e un gusto congeniali di fronte a tutto quanto si produceva.
Prescindendo anche da ciò, questo genere di società è già per sé stesso un necessario portato di quella particolare cultura e di quel modo di vivere, che allora era esclusivamente italiano, e d’allora divenne europeo.
Jacob Burckhardt, La civiltà del Rinascimento in Italia (parte quinta: La Conversazione).

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