a cura di: Gasbarro Nicola

Le lingue dei missionari

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stato: Disponibile
Argomento: Antropologia culturale
Collana: Pubblicazioni Varie
anno: 2009
, pagine: 320

ISBN: 978-88-7870-376-6
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La cosmologia culturale delle missioni è un prodotto storico-culturale dei rapporti tra civiltà messi in moto dalla modernità occidentale. Il nomadismo delle missioni è una sfida necessariamente linguistica al monadismo strutturale del Verbo, di cui occorre cercare una sorta di “invariante formale”, anche nascosta tra le relazioni della langue, almeno per rendere efficaci i necessari compromessi con la diversità delle paroles e soprattutto per giustificare l’assenza di quelle teologicamente più importanti. Tentare di ripensare il rapporto tra l’articolazione del suono e la comunicazione del senso è già riproporre a livello linguistico la dinamica antropologica tra natura e cultura, così come giustificare l’assenza dei termini fondamentali della teologia cristiana nelle lingue della foresta come “malattia del linguaggio” è già recuperare nella logica gerarchica della differenza, tipica di un ordine teologico, un'irriducibilità semantica e culturale. Dove e quando le relazioni tra il suono e il senso diventano più arbitrarie, non solo è più difficile tradurre per convenire, ma soprattutto diventa impossibile pensare la comunicazione missionaria con la (fono)logica della rassomiglianza naturale e/o dell’analogia universale. Se ad ogni livello di analisi sembra vacillare il rapporto tradizionale e occidentale tra le parole e le cose, e prima di tutto nella problematizzazione antropologica della religione, le missioni diventano anche il luogo in cui comincia ad essere evidente una crisi della cultura occidentale, avvertita prima di tutto nei limiti simbolici di traducibilità culturale e linguistica del suo “senso” profondo, al di là, – e più spesso all’interno –, del potere politico-economico e simbolico degli Stati e della Chiesa istituzionale che governano la “conquista”. Le esigenze concrete di traduzione nelle lingue della foresta e la necessità di dare un ordine alle malattie del linguaggio ci dicono molto della loro struttura, anche se i criteri classici di riferimento ne addomesticano la diversità. Il linguista esperto è in grado di valutare l’incidenza della prospettiva e le conseguenti interferenze: le difficoltà pratiche di comunicazione, evidenti nei catechismi, sono testimonianze dirette di una diversità linguistica quasi irriducibile.

Le missioni diventano quindi inevitabilmente il luogo di una compatibilità impossibile a livello generale, con gli inevitabili compromessi, dalle soluzioni più o meno locali ai grandi conflitti, ma anche e nello stesso tempo una sorta di laboratorio della modernità, da comprendere sia come centro organizzatore di diversi modelli di coesistenza di senso sia come struttura generativa di soluzioni discutibili, e a lungo discusse nell’età classica, della crisi degli ordini e delle rappresentazioni. È quindi difficile rispondere agli interrogativi più importanti sulla “conquista spirituale” senza una seria storia sociale e antropologica delle lingue e delle culture dei missionari, e senza precisarne le possibilità operative, l’oggetto specifico, il metodo rigoroso d’indagine e la prospettiva di media durata.


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